Una questione disdicevole

Per quanto lei non lo volesse avrebbe dovuto fare quella cosa. Era destino.
Già, il destino. Quello che l’aveva sempre fregata.
Qualsiasi cosa facesse, qualsiasi cosa dicesse, sempre destinata a qualcosa di diverso da quello che voleva.
“Volere è potere” diceva sempre suo padre. Ma com’era finito lui? Pezzi di cervello su tutta la cucina. Ucciso dalla donna che amava, ma che non era stato capace di tenersi.
No caro papà, volere non è potere, è soffrire.
E ancora quella cosa andava fatta.

Quando vidi ciò che la mamma aveva fatto non potei che odiarla con tutta me stessa.
La colpii e colpii ancora. Mi fermai solo quando un uomo in uniforme mi afferrò il braccio.
E poi chiusa dietro pareti di cemento.
Sono stati tanti gli anni che ho passato a rimpiangere ogni singolo istante di quel giorno.
Ho sofferto, papà. Le tue colpe sono ricadute su di me.
E ancora quell’odiosa cosa da fare. Quella scelta asfissiante che mi blocca. Quel mio dovere che mi attende.

In carcere non è stato facile. Ho dovuto imparare a vivere.
Quante volte ho dovuto rimandare indietro le lacrime? Quante ore ho passato sul lavandino, cercando di lavare via dalle mani quel sangue che solo io vedevo?
Ma eccomi qui. Sono libera, di nuovo libera di decidere. Io per me stessa!
Però non è durata la mia libertà.
Ora sono nuovamente davanti ad una scelta imposta, imbarazzante, impietosa.

“La prego, si sbrighi. C’è la coda dietro di lei!” dice il piccolo commesso che ho di fronte.
La gente dietro di me mi guarda con disprezzo. L’imbarazzo mi soffoca.
Ma la scelta è troppo difficile per me. Panino kebab o piadina kebab?
Perché il mondo è così cambiato mentre ero dietro le sbarre?!

Una commedia noir sul filo del pulp…
Cmq e Sempre Byo

Testo di incipit…

Cosa succede alle persone cosiddette normali quando incontrano di colpo un matto che urla o le investe di un delirio incomprensibile?

Era il tempo migliore e il tempo peggiore, la stagione della saggezza e la stagione della follia, l’epoca della fede e l’epoca dell’incredulità, il periodo della luce e il periodo delle tenebre, la primavera della speranza e l’inverno della disperazione.
Erano cielo e terra sottosopra prima che il buio caos fosse dissolto. Nel cerchio sfocato della lente la figura si muoveva appena, senza testa. Era un uomo nero e roccioso, molto freddo.
“Allora, non c’è nessuno qui?… BRATH!…”
“Era una gioia appiccare il fuoco.”
“…Dunque tu chi sei?”
La prima volta che incontrai Dean fu poco tempo dopo che mia moglie e io ci separammo.
Una volta Marina mi disse che ricordiamo solo quello che non è mai accaduto. Fu un errore mentire.
Da oltre un’ora sedeva immobile, appoggiato allo schienale pressoché diritto della vecchia poltrona Luigi Filippo, di pelle nera ormai logora, che per quarant’anni lo aveva seguito da un ministero all’altro, tanto da diventare leggendaria. “Non avevo mai pensato seriamente alla mia morte, nonostante nei mesi precedenti ne avessi avuta più di un’occasione, ma di sicuro non l’avrei immaginata così.”
Paura vera.
Era una luminosa e fredda giornata d’aprile, e gli orologi battevano tredici colpi.
Aveva piovuto tutto il giorno.
Quand’ero molto piccolo ho visto un Dio.
Ricordo ancora il mattino in cui mio padre mi fece conoscere il Cimitero dei Libri Dimenticati.
In cima al sentiero, Augusto Griot si fermò a prendere fiato. In mattinata il generale si soffermò a lungo nella cantina del vigneto.
Ricordo molto bene il giorno prima — anzi il pomeriggio prima — che tutto cominciasse.
L’idea dell’eterno ritorno è misteriosa e con essa Nietzsche ha messo molti filosofi nell’imbarazzo: pensare che un giorno ogni cosa si ripeterà così come l’abbiamo già vissuta, e che anche questa ripetizione debba ripetersi all’infinito!
“Sono figlio di un padre mai nato.”
“Sua madre era stata abbattuta dal cacciatore.”
“Che poi non ce ne eravamo neanche accorti, ma è cominciato tutto perché qualcuno aveva talento, purtroppo.”
Senza far rumore, cominciò a sbirciare nei cassetti.
“Sono sicuro, nel sonno, di svegliarmi in una casa in riva al mare, dove ho trascorso tutta la notte con la donna che amo, vivendo con lei momenti di assoluta felicità.”
Succedeva sempre che a un certo punto uno alzava la testa… e la vedeva.
“Mi accade spesso di sognare l’Albergo del Delfino.”
Una cosa era certa: la gattina bianca non c’entrava per nulla.
Ogni cosa è un colore. Ogni emozione è un colore. Il silenzio è bianco. Il bianco infatti è un colore che non sopporto. Non ha confini.
Che freddo. Era una gioia appiccare il fuoco.
Abito a villa Borghese.
Cadeva la notte di San Giovanni.
Da un po’ di tempo ormai, Roberto si era stufato di sognare: faccio sempre la figura del cretino, pensava.

Solo incipit e nulla più…
Cmq e Sempre Byo