Racconti per altri: Game

In un frammento dell’eternità Maatragi, il dio del gioco, si incontrò con Brhànuman, il dio della creazione.
“L’eternità è noiosa, caro collega” disse Maatragi, “Ti andrebbe una partita a carte?”
“Ho da fare” gli rispose Brhànuman, “Devo creare tutto ciò che è destinato ad esistere. Non ho tempo per i tuoi giochetti”
“E se, per dire, ti proponessi una scommessa?”
“Una scommessa, eh? Sentiamo, cos’hai in mente?”
“Una cosa semplice semplice. Scegliamo un gruppo di persone sulla Terra, e se hanno tutte a che fare con il ‘giocare’ in qualche modo, la vittoria è mia. Altrimenti ammetterò la sconfitta”
“Parli di vincere e perdere, ma esattamente cosa c’è in palio?”
“Chi perde deve ammettere che l’altro gli è superiore in importanza”
“Sono io che ho creato gli esseri umani, e li conosco bene, ‘giocare’ non è l’unica cosa che fanno. Vincere contro di te è fin troppo facile”
“A me sta bene il rischio”
“Se sta bene a te allora accetto la scommessa”
“Bene, amico mio. A questo punto direi di andare a vedere cosa sta succedendo sulla Terra”:

Labirinto
Perso. Svegliandomi mi sono ritrovato in un lungo corridoio. Poca luce. Intorno a me delle pareti di mattoni. Solo pareti di mattoni.
Ho cominciato a camminare. Tengo una mano appoggiata alla parete mentre cammino. Ho paura di perdermi. Mano a mano che vado avanti la luce comincia ad aumentare. Dietro un angolo vedo la fonte di quella luce. File di fiaccole agganciate alle pareti, lungo una serie di corridoi principali e laterali.
Grazie alle fiaccole ricomincio ad usare il cervello. Ci sono corridoi che si diramano in ogni direzione. Il soffitto è coperto. Forse sono diventato matto, ma questo posto sembra un labirinto. Devo stare attento.
Continuo a non ricordare come ci sono arrivato in questo posto. Ho paura. Mi aspetto sempre che succeda qualcosa. Un rumore! Ma sembra esserci solo quando mi muovo. Smette quando mi fermo. Forse sono stato portato qui dentro da qualcuno, e adesso mi sta seguendo.
I rumori si fanno più forti, più vicini. Ecco! Adesso vedo anche delle luci che si avvicinano. Sono dietro di me. Sempre più vicine. Comincio a correre. Penso solo a scappare.
Ho corso finché ho potuto, ma adesso ho il fiato corto. Mi fanno male i polmoni. Le gambe. Il petto mi scoppia. Dove diavolo sono finito?!
Mi calmo un attimo e mi guardo intorno. Sono in una stanza quadrata. Ci sono quattro corridoi, ognuno al centro di un lato della stanza, e proprio in mezzo una grande colonna di pietra. Sopra di quella c’è qualcosa che brilla leggermente, ma è troppo in alto perché io la possa vedere.
La pausa è finita, sento di nuovo i rumori. Le luci arriveranno presto.
Sono nel panico. Mi decido e tento di salire sulla colonna di pietra. Non riuscirei a correre ancora per molto.
Sulla colonna ci sono delle piccole sporgenze, sembrano fatte apposta per poterla scalare. Arrivato sulla cima rimango senza parole. Davanti a me una ciliegia fatta di pixel, come nei videogiochi a 8-bit. Luminosa e sospesa nell’aria.
Proprio in quel momento arrivano da un corridoio alcune teste di gatto volanti. I loro occhi emanano luci colorate. Le bocche si aprono e chiudono a scatti. Continuano a dire ‘Gnam! Gnam!’.
Sono inseguito da teste di gatto volanti!
Comincio a capire. Mi giro e tocco la ciliegia.
Sopra di me appare la scritta “Level Up!”.
Poi continuo a dormire…

Urthok
Nel Dungeon di Aléria un potente orco si stagliava davanti all’ingresso del Tempio Segreto di Fryër.
L’elfo giaceva a terra con il suo arco spezzato. Chino su di lui, il ladro cercava quanto di prezioso potesse trovare sul cadavere. Davanti all’orco si ergeva il guerriero pronto alla battaglia.
L’orco saltò in avanti brandendo la sua enorme ascia bipenne, ma con un poderoso fendente il guerriero gli staccò di netto la testa dal corpo. Poi si avvicinò a quella disgustosa carcassa maleodorante. Afferrò la testa mozzata per i capelli e urlò: “Gloria a Urthok!”
La donna entrò cautamente nella stanza. “Volete la merenda?”
I bambini misero da parte il gioco da tavolo per un momento.
“Com’è bello vedere i miei figli giocare con la fantasia” pensò la donna…

Diario
Alle volte mi piace giocare d’azzardo. So che a settantacinque anni non è proprio la cosa più giusta da fare, con la pensione che non basta mai e gli sguardi di chi mi giudica. Ma mi piace, perché non dovrei farlo? E poi quando sono là, tra i tavoli, in mezzo alla gente, io mi emoziono. Mi diverto. Parlo con loro, e alle volte mi invento anche delle storie.
Il problema è che di storie me ne devo inventare sempre di nuove. E devo anche trovare nuovi oggetti da far passare come cimeli di famiglia o ricordi meravigliosi. Non posso usare ogni volta le stesse cose, risulterei noiosa. Ma la mia fantasia è quello che è, così un giorno ho avuto un’idea per poter sistemare i miei problemi. Avrei continuato ad avere soldi da giocare, e avrei trovato sempre nuove storie ed oggetti con cui rendermi interessante.
Di notte entro nelle case della gente. Rubo libri e oggetti di valore, e denaro se c’è. A quel punto leggo i libri, poi indosso i gioielli, o mi porto dietro orologi e altre cose, e comincio a raccontare storie alle persone che incontro. Quando li ho usati qualche volta rivendo tutto e guadagno abbastanza per scommettere forte nei casinò o in qualche bisca clandestina.
Non ci vedo niente di male ad avere la passione del gioco d’azzardo alla mia età…

Decisione
“E cosa gli facciamo fare?”
“Saltare in un cerchio infuocato mentre deve rispondere a domande di cultura generale”
“No, non va bene. Sa di già sentito”
“Squali?”
“Dipende”
“Deve inseguire uno squalo in una piscina olimpionica e togliergli dalla bocca l’elenco delle domande a cui poi dovrà dare una risposta”
“Domande su quale argomento?”
“Atlantide”
“Particolare, ma troppo usato”
“Allora cultura precolombiana”
“Meglio, è etnico e ricercato. Ma alla fine non siamo noi a dover fare la scelta definitiva. Cosa ne pensa lei signor Bonomelli? Sarà lei il nostro concorrente!”
“Fin da piccolo ho sempre guardato i giochi a premi in televisione sognando un giorno di potervi partecipare. Non è tanto per vincere dei premi, più per l’orgoglio personale che deriva dal dimostrarsi intelligenti. Un inno al sapere! Quindi direi che sì, va bene la storia dello squalo…”

Fine
Nella sua vita non le era mai importato di nulla. Non del suo lavoro mediocre. Non del fatto di essere grassa. Non di avere problemi con la sua famiglia. Non di essere sola, senza nessuno accanto.
Soltanto ora che era morta scoprì qualcosa che le importava. C’era la Morte di fronte a lei, e voleva batterla in un gioco a scacchi. Come nei film. Come se quella cosa da sola potesse sistemare tutti i problemi della sua vita. Sarebbe stata una fine tale da far valere eccome la sua esistenza!
Perse quasi subito. Giocare con la Morte non è mai facile…

“Hai vinto tu” disse Brhànuman, “Ammetto che mi sei superiore”
“Bene!” esclamò Maatragi, “Con te ho battuto tutti gli dei esistenti, e tutti avete dovuto ammettere la mia importanza”
“Hai battuto tutti gli dei? Ma com’è possibile?!”
“Semplice, ho barato. Non lo sai che ‘giocare’ significa anche essere più furbi del proprio avversario?”
“Credo che non giocherò mai più con te” concluse Brhànuman.
Storie come questa accadono spesso nei frammenti dell’eternità…

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Una questione disdicevole

Per quanto lei non lo volesse avrebbe dovuto fare quella cosa. Era destino.
Già, il destino. Quello che l’aveva sempre fregata.
Qualsiasi cosa facesse, qualsiasi cosa dicesse, sempre destinata a qualcosa di diverso da quello che voleva.
“Volere è potere” diceva sempre suo padre. Ma com’era finito lui? Pezzi di cervello su tutta la cucina. Ucciso dalla donna che amava, ma che non era stato capace di tenersi.
No caro papà, volere non è potere, è soffrire.
E ancora quella cosa andava fatta.

Quando vidi ciò che la mamma aveva fatto non potei che odiarla con tutta me stessa.
La colpii e colpii ancora. Mi fermai solo quando un uomo in uniforme mi afferrò il braccio.
E poi chiusa dietro pareti di cemento.
Sono stati tanti gli anni che ho passato a rimpiangere ogni singolo istante di quel giorno.
Ho sofferto, papà. Le tue colpe sono ricadute su di me.
E ancora quell’odiosa cosa da fare. Quella scelta asfissiante che mi blocca. Quel mio dovere che mi attende.

In carcere non è stato facile. Ho dovuto imparare a vivere.
Quante volte ho dovuto rimandare indietro le lacrime? Quante ore ho passato sul lavandino, cercando di lavare via dalle mani quel sangue che solo io vedevo?
Ma eccomi qui. Sono libera, di nuovo libera di decidere. Io per me stessa!
Però non è durata la mia libertà.
Ora sono nuovamente davanti ad una scelta imposta, imbarazzante, impietosa.

“La prego, si sbrighi. C’è la coda dietro di lei!” dice il piccolo commesso che ho di fronte.
La gente dietro di me mi guarda con disprezzo. L’imbarazzo mi soffoca.
Ma la scelta è troppo difficile per me. Panino kebab o piadina kebab?
Perché il mondo è così cambiato mentre ero dietro le sbarre?!

Una commedia noir sul filo del pulp…
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Disastri da Top Secret!

Ieri è scoppiata la gomma di un’auto che passava vicino a casa mia. Subito sono partite le leggende da quartiere. Da un semplice incidente da constatazione amichevole siamo passati ad uno scontro tremendo tra auto, poi ad un incidente dove c’è scappato il morto, a traffico chilometrico causato dall’incidente del secolo, atterraggio d’emergenza di un aereo sulla tangenziale, schianto tra un aereo e una nave entrambe misteriosamente sulla strada cittadina, Godzilla in vacanza da queste parti che con un colpo di coda ha rilanciato in orbita un meteorite che stava per cadere proprio in questa zona e avrebbe distrutto il mondo, colpo di fucile partito dallo schioppo della portinaia del mio palazzo che ha cercato di fermare Godzilla, con anche una variante in cui la portinaia ha stecchito Godzilla con un colpo di karate imparato nei suoi anni giovanili in Russia quando faceva parte del KGB! A quel punto sono intervenuti i servizi segreti americani, hanno portato via la portinaia e sparso la voce che si era trattato tutto di uno sbaglio, un bambino aveva fatto scoppiare un palloncino fatto con la gomma da masticare.
Dopo aver valutato con attenzione tutto quello che è successo mi sono reso conto di una cosa: Io so troppo e rischio grosso con i federali. Sono sicuramente in giro a cercarmi, mi braccano. Sto rischiando la vita, devo scappare!
Chi bussa alla porta?
No, non imbavagliatem…


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Caldo pericoloso…

Oggi ho messo nel freezer dell’acqua per farne dei cubetti di ghiaccio, quando sono stati pronti li ho tritati, ne ho fatto un bel mucchietto morbido che sembrava neve ghiacciata, infine l’ho messo sul davanzale della finestra, l’ho chiusa, ho scostato le tende e mi sono sentito subito più fresco. Però poi ho dovuto riaprire la finestra che si schiattava dal caldo!
Il vicino del piano di sotto, vedendo l’acqua gocciolare davanti la sua finestra, ha cominciato a festeggiare perché sperava in una bella pioggerella rinfrescante, quando ha scoperto che la colpa era mia è venuto su e mi ha pestato…
Adesso sono in ospedale e qui si sta belli freschi per davvero.
Anche troppo freschi…
Infermiera! L’aria condizionata si è rotta! Fa troppo freddo!!

Mai contenti in estate…
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Me ne stavo…

Me ne stavo tranquillamente impazzendo quando un signore mi ha chiesto che ore fossero. Certo, si vedeva che aveva una certa urgenza, ma era doveroso da parte mia spiegargli che il tempo è una cosa relativa. Per questo portiamo gli orologi, per essere relativamente sicuri che le ore non se ne scappino via. Non so perché ma il mio interlocutore si è incavolato alquanto e ha cominciato a picchiarmi. Per fortuna è intervenuta la polizia a fermarmi perché sennò per quell’uomo poteva finire male. Potevo anche farmi ammazzare da tante gliene stavo dando!
Quando mi hanno liberato dalla prigione mi sono venuti a prendere i miei genitori e un gruppo di amici con festoni di avvenuta liberazione. In realtà però non erano i miei veri familiari e amici, erano degli alieni provenuti da un famoso pianeta, che quindi non starò qui a citare, giunti sulla Terra per impossessarsi del cervello più esteticamente gradevole allo sguardo che si potesse trovare. Per qualche minuto ho pensato si trattasse del mio, invece era quello di un altro tizio che venne fuori essere una delle mie personalità sfuggite al controllo. Luca Semprotti, quel figlio di una buona donna, che poi sarebbe anche mia madre e quindi devo dire che è davvero una brava donna, anche se alle volte mi fa incavolare così tanto che vorrei avere delle altre personalità per poter sfuggire da questa fastidiosa realtà! Comunque dicevo, Luca Semprotti era sfuggito alla mia volontà e si era fatto una vita propria. Era diventato un docente universitario di ‘Parossismo dell’inusuale e varianti sul tema del sesso tra animali vestiti da clown‘, un luminare dei nostri tempi. Al che, saputo ciò che c’era da sapere ma con in bocca il gusto del segreto irrisolto di dove cacchio sto andando a parare, cominciai a inseguirlo attraverso il mio cervello, che poi sarebbe stato anche quello che gli alieni inseguivano, rendendoci così i protagonisti di una bizzarra e inquietante danza di gente strana sulle pareti interne di un diamine di cervello di affermato bell’aspetto. La storia finì com’era cominciata. Ho ucciso Luca Semprotti in un bagno si sangue e ricordi mai esistiti. Ripensandoci non è la scena con cui è cominciata la storia… Adesso sto bene, ho fatto amicizia con gli alieni, ho anche avuto una storia con quella che spero essere un’esponente femminile della loro specie. Nel caso vi saprò dire su eventuali inseminazioni aliene nel mio corpo o su miei presunti figli di un altro mondo venuti per conquistarci con il sorriso sulle labbra, un’arma nucleare in mano e un chilo di parole da riversare a cacchio nelle nostre orecchie.
Quindi attenti a voi abitanti della Terra, i miei figli un giorno distruggeranno il vostro, ma anche nostro, pianeta con parole sparate a cavolo!

Giantordo Pazzo

E’ nata come testo ma poi è diventata la mia vita vera…
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La Vecchia e l’Auricolare…

Quello che segue è il resoconto di una mia giornata neanche troppo particolare:
Io e l’amico Checco lavoriamo insieme da tempo, siamo i tuttofare in un’agenzia di moda prêt-à-porter per Sexy Shop. In pratica stiamo tutto il giorno a spostare casse piene di abiti ambigui per gente ancora più ambigua con il rischio che uno di questi simpatici signori voglia fare la nostra conoscenza in maniera più profonda. Ma non è questo il punto, il fatto particolare è che oggi non avevamo niente da fare al lavoro e così la nostra capa, come sempre gentilissima e dolcissima, ha buttato giù una parete del suo ufficio con un pugno ben assestato. Essendo noi addetti a tutto ciò che comprende la parola ‘Tutto‘ era compito nostro tirarne su una nuova.
Alla fine della giornata eravamo distrutti, così io e il mio buon amico ci salutammo e tornammo ognuno verso casa propria.
Sull’autobus c’era una ragazza che parlava al cellulare usando gli auricolari e un’anziana signora, in piedi, che la guardava affatata. Io ero seduto proprio davanti a quest’ultima, e se ve lo state chiedendo no, non le avrei lasciato il mio posto manco morto, e le dico: “Non si preoccupi. Quella ragazza è semplicemente pazza. Pensa di parlare a distanza con una persona immaginaria“. La vecchia allora ha tirato fuori un cellulare ultimo modello, mi ha fatto una foto, poi ha chiamato un’amica, tale Guendalina, e le ha detto: “Ué Guenda, questa la devi proprio sentire! C’è qui un pischello che non capisce troppo un cavolo di tecnologia!! Stasera ci becchiamo su Facebook e ti passo la foto di ‘sto sfigato!
Per fortuna alla sera, tanto per divertirmi s’intende, ho attraversato lo specchio del mio bagno e mi sono ritrovato in un mondo dove tutto era al contrario di com’è nella realtà e finalmente mi sono sentito a casa.

Questo brano avrebbe potuto essere un best seller,
se solo il titolo fosse stato: ‘Passeggiando per la città con un nocciolo di ciliegia in bocca
Cmq e Sempre Byo

San Giantordo Martire

Dovete sapere che il 29 di Febbraio è il mio onomastico.
Tecnicamente cadrebbe una volta ogni quattro anni, ma la festa è festa e così io festeggio ogni anno, sempre il giorno 29, sia che in quell’anno esista oppure no!
Ad ogni modo domani è San Giantordo Martire, il santo protettore dei possessori di nomi strambi e in generale dell’assurdo!
La storia vuole che San Giantordo prima di diventare santo se ne andasse per la sua strada tutto tranquillo, quando d’un tratto uno del Comune che voleva fargli cambiare il nome perché troppo assurdo da scrivere nella carta d’identità, cominciò ad inseguirlo.
Più scappava e più quello lo inseguiva, con relativa rottura di scatole di tutti i presenti che non ne potevano più dei loro schiamazzi. Fu così che il nostro protagonista venne lapidato e per questo fatto santo.
Il povero cristo del Comune invece fu dimenticato visto che essendo per l’appunto un rappresentante dello Stato nessuno gli voleva bene.

Un Giantordo-saluto a tutti i Giantordo-seguitori del Giantordo-blog!
Cmq e Sempre Byo

Mi capita alle volte…

Ogni tanto mi capita di guardarmi allo specchio, dire qualche cazzata, e ridere come un pirla. Se a voi non capita significa che quelli strani siete voi!
Vi avverto, è un periodo che sono facilmente irritabile, quindi datemi ragione o siete rovinati. Sapete quella vicina di casa che amate in segreto da una vita? Ecco, se non cominciate a ridere anche voi davanti agli specchi sono dispostissimo ad andare a casa sua, farle la proposta di matrimonio e rovinare per sempre il vostro sogno d’amore!
Scusate, non so cosa mi capita ultimamente. Negli ultimi giorni mi basta un niente e parto con gli insulti. Se continua così la prossima volta che si riunisce la solita folla di miei ammiratori finisce in tragedia. Che poi anche loro, che cavolo vengono a guardarmi mentre faccio la doccia tutto nudo ed insaponato?! E’ un bello spettacolo, per carità, ma poi non meravigliatevi che i giornali pubblicano cose del genere: “Morta un bordello di gente. Trovato il colpevole completamente nudo e delirante su una strana storia di specchi e folle ambosessi ninfomani“.
Dopo quest’ultimo passaggio capisco anch’io che è giunta l’ora del ricovero forzato…

Siete strani!
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Ah, la vita!

Oggi piove, e come tutti i giorni di pioggia io mi ritrovo triste, chiuso in casa e incerto sulla vita.
Però una cosa positiva c’è. Quando sono triste scrivo per farmi ridere. Sì, io scrivo fesserie per me stesso. Adesso anche voi siete a conoscenza del mio terribile segreto e per questo motivo vi maledico con la mia assurdità!

Amore assurdo
Non so se a voi è mai capitato di andare a letto con la curiosità riguardo a come un dato libro o telefilm possano finire. A me francamente capita spesso, ed ogni santa volta mi ritrovo la mattina dopo a doverle spiegare che tra noi non c’è niente di serio, che è stata un’avventuretta e che devo uscire presto per andare al lavoro.
Drammi a parte il sesso non è male…

Tecnologia esibizionista
L’altro giorno sono andato dall’oculista per una visita di controllo, ammetto quindi che non ci vedevo bene e potrei essermi sbagliato, eppure sono sicuro di aver visto due tizi violentare una povera macchinetta per la stampa dei biglietti in metropolitana.
Per carità, quella non scherzava con linee ammiccanti lucidate di fresco e una sana vanità civettuola, ma dio santo! Solo perché era una bella macchinetta costringerla a fare certe cose in pubblico mi sembra esagerato!
Certo è che ultimamente sono sempre di più questi casi di violenza su apparati tecnologici, e se la colpa c’è è da additare a questa moda sporcacciona sempre più dilagante. Ormai sono tantissimi i casi di nudismo tecnologico, macchine sempre più esibizioniste e volgari che sembrano chiedere di essere toccate da chiunque in qualunque momento. E poi ci meravigliamo degli attacchi sessuali in aumento.
Però, a voler essere del tutto sincero, una volta ho provato anch’io, per curiosità s’intende, e devo dire che è stata una bella esperienza. Quindi più sana violenza nei confronti della tecnologia al servizio del cittadino!

Ammiccando agli ammiccamenti
Ieri sono andato dal parrucchiere. Un taglio di capelli mi ci voleva proprio, ancora due centimetri e la frangetta mi arrivava fino al sedere. Sì, avete capito bene, io la frangetta la porto dietro. All’inizio ho provato a portare il sedere davanti per fare tendenza, ma così è meglio per tutti.
Ad ogni modo ero dal parrucchiere quando questo comincia a farmi dei segni strani. Un occhio che ammicca, una mano sulla spalla, una carezza tra i capelli ed infine uno strano discorso sulla lunghezza delle basette. Ne ero certo, era innamorato di me e la cosa peggiore è che anch’io provavo qualcosa per lui.
Alla fine del taglio mi sono deciso a parlargli dei miei sentimenti, e lì è cominciata la tragedia. Gli ho visto fare le stesse cose a tutti i suoi clienti. Mi sono sentito così usato che non andrò mai più da un parrucchiere in vita mia.
Ho sentito di pecore affittate per rasare i prati, e credo proprio che d’ora in avanti mi farò tagliare i capelli da loro. Oltretutto un amico mi ha detto che se ci provi quelle ci stanno facile. Speriamo!

Potrei andare avanti così tutto il giorno, ma visto l’ultimo pezzo non so se voglio sapere cosa potrei scrivere ancora…

Un saluto caloroso a ciascuno di voi,
e un bacio a tutti gli altri!
Cmq e Sempre Byo